Il serpente bianco – Due chiacchiere con Giorgia Amantini!

Il serpente bianco – Due chiacchiere con Giorgia Amantini!

Il serpente bianco – Due chiacchiere con Giorgia Amantini!

Ospite oggi del nostro blog è Giorgia Amantini, giovane scrittrice emergente, autrice de Il serpente bianco – Intrighi e passioni di fine ‘800.

Giorgia Amantini, insegnante, residente a Nettuno, coltiva la passione per la storia dell’Ottocento e nel suo nuovo romanzo, in libreria dal 6 novembre, racconta la nobile famiglia ottocentesca romana dei Vivaldi.

Il serpente bianco è una storia di intrighi, passioni, amori e vicissitudini della nobile famiglia ottocentesca romana dei Vivaldi, vicende che attraversano venticinque anni di storia (dal 1870 al 1895) in un susseguirsi di colpi di scena, intuizioni, gelosie e fervide rivalità. Una rapsodia melodrammatica che è lo specchio della società dell’epoca, ancora impreparata alla sua imminente evoluzione. Figure memorabili, dove l’etica si scontra con debolezze umane che hanno necessità di perdono e volontà di riscatto.

Conosciamo meglio l’autrice.

Benvenuta, Giorgia. Allora, parlaci un po’ del tuo nuovo romanzo. Che cosa nascondono questi intrighi e queste passioni?

Buongiorno a voi e ancora grazie per avermi ospitato sul vostro blog. Colgo l’occasione per ringraziare anche Corrado Delfini per avermi donato una sua opera come copertina del libro. È stato un regalo bellissimo e inaspettato. Be’, non posso svelare che cosa nascondono gli intrighi e le passioni contenute nel romanzo, ma vi posso assicurare che la storia sarà ricca di colpi di scena e di cambi repentini nella psicologia dei personaggi. Il romanzo si ambienta alla fine dell’Ottocento, tra Roma e Frascati, e narra le vicissitudini della nobile famiglia di banchieri dei Vivaldi il cui erede, il marchesino Eugenio, sarà il protagonista indiscusso dell’evolversi degli eventi provocati dalla sua disdicevole condotta. Riuscirà l’amore devoto di sua moglie Rebecca a redimerlo? E riusciranno tutti coloro che gli sono intorno a cambiare la propria vita cavalcando l’imminente evoluzione del nuovo secolo in arrivo? Resta ai lettori scoprirlo.

Hai scritto un romanzo ambientato alla fine dell’Ottocento. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio quel periodo storico e quali sono state le difficoltà che hai incontrato nello scriverlo?

Amo la storia da sempre, mi resta facile memorizzare date, eventi, situazioni. Ho un amore viscerale per tutto ci che riguarda lo scorrere del tempo in determinati contesti storici. La storia che aveva in mente sin da subito era un melodramma a tinte forti. E quale periodo migliore, se non la fine dell’Ottocento, poteva fare da sfondo a sentimenti cos esasperati e profondamente passionali? Credo che la scelta sia stata azzeccata, anche se non ho appesantito la narrazione facendo prevalere la storia sul romanzo, ma intrigando e appassionando proprio con il romanzo stesso un periodo storico che era già intrigante e appassionante di suo. Le difficoltà maggiori le ho riscontrate soprattutto nei riferimenti finanziari: i Vivaldi sono banchieri e, quindi, affaristi. Parlare di moneta, denaro, soldi, transazioni o altro di quasi duecento anni fa mi ha dato l’opportunità di conoscere un mondo, sia in termini di valore monetario che di valori etici e morali, del tutto diverso da quello attuale. Soprattutto, perché ho dovuto rapportare il valore del denaro di due secoli fa con quello di oggi. È stato molto bello e interessante ragionare con la Lira di allora, buttando un occhio doverosamente all’Euro di oggi. Anche se con l’economia devo dire che ci prendo abbastanza visto il lavoro che svolgo nella vita.

I tuoi personaggi sono vasti e complessi. Si muovono in un limbo dal quale si risvegliano all’improvviso proprio grazie alle malefatte di Eugenio. Raccontaci un po’che ruolo giocano nell’economia del romanzo e che cosa ti ha spinto a caratterizzarli proprio in quel modo.

Concordo su tutto, proprio Eugenio è il motore che muove al cambiamento tutti gli altri personaggi. A cominciare da sua moglie Rebecca, una donna devotamente innamorata di lui e che, proprio grazie a questo amore, troverà la forza per scegliere finalmente quello che davvero vuole nella sua vita. Così come Angelica, sorella di Eugenio, che scoprirà qualcosa di sé che non sapeva di possedere e troverà quello che ha sempre voluto più vicino di quanto pensasse… E poi non potevano mancare due personaggi ambigui e negativi come Madame Margot e il Duca Renato Alfonsi. La prima è una figura molto bella, anche triste, fotografata e perduta nella sua epoca di appartenenza, ma che troverà il modo di riappropriarsi della sua vita e della sua dignità nel momento più opportuno. Il secondo, invece, è un vero villain, un uomo senza scrupoli, il classico dannato senza redenzione, talmente odiabile e adorabile allo stesso tempo come tutti i cattivi che si rispettano. E non dimenticate anche questi altri due nomi, il barone Renato Rivalta e il conte Enrico De Nardi, perché non vi deluderanno… Sì, il comparto personaggi mi ha davvero soddisfatto, nell’intrecciarsi della trama molte volte mi sono venuti in soccorso e molte volte ho dovuto richiamarli all’ordine, quasi travolti dalle passioni e dagli intrighi in cui gli stavo dando anima e corpo.

Qual è il tema portante del libro?

Il libro, essendo un melodramma ottocentesco, non poteva non avere come tema portante l’amore. Sotto tutte le sue forme, nel bene e nel male, nella sua esasperazione e nella sua purezza. Tutti i personaggi si muovono mossi dal sentimento, un vento di passioni che li travolgerà anche contro la loro volontà, trascinandoli in un vortice dal quale difficilmente riusciranno a liberarsi. Ma, come sempre nei miei romanzi, anche qui un altro tema importante è la scelta: tutti i personaggi scelgono e il fatto che lo facciano alla fine dell’Ottocento (soprattutto dal punto di vista femminile) sa di anticonformista e rivoluzionario in un periodo dove le scelte erano imposte per convenzione sociale. Hanno coraggio e lo dimostrano, pur seguendo un complesso percorso interiore. In questo, la storia soprattutto tra Angelica ed Ernesto credo sia quella più rappresentativa perché sono due personaggi che nel corso della storia mutano il loro modo di essere e di pensare.

Che cosa hai provato nello scrivere questo romanzo e, soprattutto, da dove nasce questo titolo così intrigante?

Come ogni volta che scrivo qualcosa di mio, mi sono sentita libera. La scrittura è un’ottima soluzione per i problemi e le preoccupazioni quotidiane, ti porta in un altro mondo, ti fa stare dove vuoi essere nel modo in cui vuoi essere. Scrivere è liberatorio e terapeutico ed è davvero un ottimo allenamento per la mente. Più si scrive, più si scrive meglio, lo dico sempre. E si trova anche la strada giusta. Io ho scritto tre cose tutte diverse e ne sono orgogliosa, ma lo stile narrativo e l’impronta finalmente cominciano a darmi un’indicazione precisa della strada da intraprendere. Credo fortemente di aver capito quale via imboccare e credo proprio che questo libro sarà una prima parte di un progetto ancora più vasto. Staremo a vedere. Quanto al titolo, be’… Se vi dicessi che è stato più facile scrivere il romanzo che titolarlo, mi credereste? Qui devo ringraziare l’editore che ci ha messo davvero l’anima nel suggerire un titolo che, dopo tante vicissitudini e difficoltà, ha rispecchiato perfettamente il contenuto e il messaggio dell’opera. Non dimenticherete facilmente il serpente bianco, i suoi intrighi e le sue passioni. Perché, in fondo, sono parte di tutti noi.

Grazie Giorgia. È stato un piacere averti con noi!



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