Marco Franchino: “Il desiderio di raccontare non è mai venuto meno”

Marco Franchino: “Il desiderio di raccontare non è mai venuto meno”

Continuiamo il nostro viaggio fra le new entries della nostra Community, incontrando Marco Franchino, vincitore del premio “Ambientazioni” al 5° Concorso Letterario Nazionale con il suo romanzo noir “Nell’Ombra del Lupo”.

Il lettore segue il protagonista, il disilluso capitano Corsari, in uno sperduto paesino di montagna piemontese, dove si troverà a fare i conti con una serie di crimini efferati e una comunità piena di segreti.

Marco Franchino si è laureato in ingegneria Aereospaziale al Politecnico di Torino e oggi lavora nella progettazione aereonautica. È un lettore accanito da sempre, si diletta nel suonare il flauto ed è un disegnatore autodidatta.

Raccontaci come è nato il “Marco scrittore”

Nasce innanzitutto come lettore. Le prime storie, tutte iniziate e mai finite, scaturiscono dalla lettura di Verne e Salgari, poi è venuto il turno di Tolkien e Lewis. Nel tempo le letture sono cambiate e di conseguenza la direzione dei tentativi, ma il desiderio di raccontare non è mai venuto meno. Anche oggi, se lo stile di un autore mi colpisce, ho la tentazione di rivedere quanto già scritto alla luce della nuova suggestione. Non c’è nulla di definitivo.

Come sei venuta a conoscenza della nostra realtà e come ti sentivi all’idea di partecipare al concorso?

È capitato per caso. Ero arrivato ad una stesura del testo che consideravo sufficientemente solida ed ero in cerca di pareri e suggerimenti che non fossero influenzati da legami di parentela e amicizia. Non sono molte le realtà che offrono questo genere di opportunità ad un esordiente, così mi sono imbattuto in BookTribu. Il concorso all’inizio era sullo sfondo, non avevo grandi aspettative, o quanto meno evitavo di averle,  poi, con l’evolversi delle varie fasi, ha preso sempre maggior consistenza e alla fine mi sono trovato fra i finalisti, in bilico fra incredulità e speranza. È stata una magnifica esperienza.

Durante il concorso e anche dopo, sei entrato in contatto con la nostra variegata community. Come hai vissuto e vivi questo rapporto? 

Devo ammettere che all’inizio ero un po’ restio verso l’aspetto “social”, anche perché mi ero iscritto al fotofinish e molti dei partecipanti evidentemente si conoscevano e si scambiavano opinioni già da tempo. Nella prima fase ho quindi per lo più assunto il ruolo dello spettatore. Con l’arrivo delle illustrazioni per le copertine ho però avuto modo di avere un ruolo più attivo e ho trovato molta passione, vivacità e diversità di vedute, e, soprattutto in chi concretamente lavora per far funzionare la community, un sincero impegno a portare avanti con professionalità un’attività indubbiamente difficile. 

Quando e come ti è venuta l’ispirazione per “Nell’Ombra del Lupo”?

Nell’idea iniziale c’era soltanto un personaggio, un individuo esiliato in un luogo remoto e a lui sconosciuto. Non c’era una trama, ma solo un “tema” attorno a cui ruotava tutto, quello dell’estraneità. Che il luogo dell’esilio dovesse essere la montagna è venuto spontaneamente, per conoscenza e familiarità, ma dovevo anche impedire al mio protagonista di fuggire, così gli ho messo addosso una divisa e impartito un ordine. Da quel momento, la storia ha preso una piega direi inaspettata. Anche la presenza del lupo è in parte motivata dalla sua ricomparsa negli ultimi anni sulle montagne piemontesi, ma nella vicenda assume il valore prettamente simbolico di un’esistenza estranea alle leggi umane.

La tua storia ha vinto il premio “Ambientazioni”. È strano vedere un romanzo noir ambientato in uno sperduto paesino di montagna, come mai hai fatto proprio questa scelta?

La “Montagna” descritta nel romanzo è un luogo senza nome, ricostruito prendendo in prestito elementi reali delle montagne piemontesi, in particolare dalle valli del Canavese, Sangone e Pinerolese. Dal momento che l’esilio era il germe iniziale della storia, la montagna mi è parsa da subito il luogo perfetto, per il suo essere oggi – al di fuori delle destinazioni turistiche – spopolata e abbandonata per quasi tutto l’anno, fatta di piccole realtà vecchie più che antiche, forzatamente chiuse. L’imponenza delle cime accentua questo vuoto, non ostile ma indifferente, e costringe a confrontarsi con la solitudine.

Faccio una domanda difficile per uno scrittore: c’è un personaggio che ti è piaciuto di più scrivere oppure a cui sei più legato? Perché?

Dovendo scegliere, punto il dito sul vecchio Mundu. È un personaggio negativo, per molti versi spregevole, e nella vicenda ha un ruolo rilevante ma non da protagonista. Tuttavia mi piace per il suo essere coriaceo e vitale. Forse anche per via dell’età, ha una voce più libera e diretta, come se si fosse liberato dei dubbi e avesse rinunciato ad ogni maschera.

Un grande scrittore è prima di tutto un grande lettore, quali sono stati i tuoi maestri letterari?

Non mi considero un grande scrittore, ma di certo sono un lettore vorace. Senza avere la pretesa di indicare dei maestri, potrei elencare numerosi autori che hanno lasciato un segno sul mio modo di intendere la scrittura: Louis-Ferdinand Celine, William Faulkner, Dostoevskij,  Cormac McCarthy, Albert Camus.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Stai già lavorando a qualcos’altro?

Sto lavorando a diverse cose, tutti cantieri aperti da tempo. Il testo al momento più maturo tratta, in maniera romanzata, di eventi avvenuti in Piemonte tra la primavera del 1944 e quella del 1945. Non è un’opera storica, piuttosto il tentativo di riflettere sulla condizione di chi improvvisamente si ritrova a vivere in una condizione di guerra civile. Conto di terminare la prima stesura entro fine anno.

Non ci resta che invitare tutti ad inerpicarsi sulle vette evocate dal tuo romanzo, ti chiediamo però di consigliare alla nostra community un libro non tuo! 

Mi vengono in mente diversi titoli, ma per restare su un autore vivente, che non ha certo bisogno della mia “raccomandazione”, suggerirei “Suttree” di Cormac McCarthy. Non fa parte della Trilogia della Frontiera, ma in quest’opera l’autore adotta uno stile molto personale, che per certi versi ricorda Faulkner (un altro dei miei autori preferiti). 

Grazie Marco!

E grazie a Luca Minardi per l’intervista!

A presto per un nuovo appuntamento e un nuovo autore!



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